La consulenza tecnica che accerti la non autenticità della sottoscrizione non è suscettibile di conclusioni obiettivamente certe – Trib. Pisa, Sent., 7 agosto 2020 – Giud. dott. Palmaccio

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In tema di autografia di una scrittura privata, la consulenza tecnica che accerti la non autenticità della sottoscrizione non è suscettibile di conclusioni obiettivamente certe, tenuto conto del carattere irripetibile della forma della scrittura umana.

Il giudice, oltre che a fornire un’adeguata giustificazione del proprio convincimento in ordine alla condivisibilità delle conclusioni raggiunte dal consulente, è tenuto a valutare l’autenticità della sottoscrizione in correlazione a tutti gli altri elementi concreti sottoposti al suo esame.

Le valutazioni espresse dal CTU non hanno efficacia vincolante per il giudice, potendo egli legittimamente disattenderle attraverso una valutazione critica, ancorata alle risultanze processuali, congruamente e logicamente motivata.

 

Ingiunzione (procedimento per) – Opposizione – Onorari – Consulente – Prova

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI PISA

 

In persona del giudice unico dott. Stefano Palmaccio

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nella causa iscritta al n. 61666/2012 R.G. promossa da:

 

B.B. S.R.L., rappresentata e difesa dall’avv. Lari Silvia, giusta procura in atti, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio a Buti (PI), via Eroi dello Spazio n. 12/AC;

– ATTRICE IN OPPOSIZIONE –

 

contro

 

M.G. e M.R., in qualità di contitolari di “M.” STUDIO DI INGEGNERIA ASSOCIATO, rappresentati e difesi dall’avv. Cenzatti Giacomo, giusta procura in atti, ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Pontedera (PI), via Tosco Romagnola n. 122;

– CONVENUTI IN OPPOSIZIONE –

 

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto di citazione datato 6.7.2012, la soc. B.B. s.r.l. (d’ora in poi, per brevità, anche “B.B.”) ha convenuto in giudizio M.G. e M.R., in qualità di contitolari di “M.” studio di ingegneria associato (nel prosieguo, anche “studio M.”), proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 540/2012, emesso dal Tribunale di Pisa – Sez. distaccata di Pontedera in data 4-9.5.2012, in forza del quale l’odierna opponente era stata condannata al pagamento in favore della parte opposta della somma di Euro 12.700,80, oltre interessi e spese, a titolo di compenso per prestazioni professionali effettuate in favore di B.B..

L’opponente ha dedotto che non è mai intercorso alcun rapporto professionale tra B.B. e lo studio M.; che B.B. non ha mai conferito incarico al predetto studio e non ha mai ricevuto alcun progetto di notula; che la pretesa creditoria sarebbe sfornita di ogni prova. Ha concluso chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo opposto e la condanna della controparte alla refusione delle spese di lite.

Lo studio M. si è costituito in giudizio, deducendo che il credito azionato in sede monitoria risulta fondato su due ricognizioni di debito rese dalla parte opponente (docc. nn. 3 e 6). Ha prodotto ulteriore documentazione a comprova dell’esistenza del rapporto professionale e dell’espletamento delle prestazioni assunte. Ha concluso chiedendo il rigetto dell’opposizione, con vittoria delle spese di lite.

Il giudizio è stato istruito con le produzioni documentali agli atti, con l’espletamento di CTU grafologica e con l’assunzione di prove testimoniali.

Le parti hanno concluso come da verbale dell’udienza del 28.1.2020.

L’opposizione è infondata.

Il giudice precedentemente designato ha disposto l’espletamento di una CTU grafologica al fine di verificare se le sottoscrizioni apposte ai documenti nn. 3, 6 e 9, disconosciute dall’attrice, fossero effettivamente riconducibili a Falchi Carla, legale rappresentante di B.B..

Nel rispondere al quesito posto, la CTU, dott.ssa Beatrice Guiggi, ha affermato di non aver potuto analizzare il doc. 3, poiché prodotto solamente in copia fotostatica, ed ha escluso la riferibilità alla Falchi del documento prodotto sub doc. 6.

Quanto al doc. 9, esso è costituito da una lettera, datata 9.1.2012, con cui B.B., in replica a una raccomandata dello studio M. del 29.12.2011, ha promesso alla controparte il pagamento dell’importo riconosciuto come dovuto, non appena avrebbe acquisito la liquidità necessaria. La lettera reca in calce la firma di “Falchi Carla” per B.B. s.r.l. All’esito delle espletate operazioni peritali, la CTU ha evidenziato una “buona (ma non totale) compatibilità” tra la firma apposta sulla predetta lettera e la grafia della Falchi.

La CTU ha riscontrato, invece, una “piena e fedele corrispondenza” tra la scrittura di Falchi Carla e la grafia con cui è stato vergato l’indirizzo delle parti sulle buste con cui le lettere oggetto di verificazione (docc. nn. 6 e 9) sono state inviate alla parte opposta.

Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, in tema di autografia di una scrittura privata, la consulenza tecnica che accerti la non autenticità della sottoscrizione non è suscettibile di conclusioni obiettivamente certe, tenuto conto del carattere irripetibile della forma della scrittura umana (cfr. Corte appello Catanzaro sez. lav., 16/01/2020, n.1462). Si è quindi osservato che il giudice, oltre che a fornire un’adeguata giustificazione del proprio convincimento in ordine alla condivisibilità delle conclusioni raggiunte dal consulente, è tenuto a valutare l’autenticità della sottoscrizione in correlazione a tutti gli altri elementi concreti sottoposti al suo esame (Corte appello Catania sez. lav., 22/10/2019, n.983).

È parimenti consolidato il principio per cui le valutazioni espresse dal CTU non hanno efficacia vincolante per il giudice, potendo egli legittimamente disattenderle attraverso una valutazione critica, ancorata alle risultanze processuali, congruamente e logicamente motivata (Corte appello Roma sez. III, 02/08/2017, n.5260).

Ciò posto, deve darsi atto del corretto svolgimento della consulenza sotto il profilo tecnico, essendo stata la ricollegabilità delle sottoscrizioni disconosciute con quelle di certa autografia dell’opponente verificata dal consulente tecnico sulla base di tutti i parametri rilevanti.

Nondimeno, le conclusioni raggiunte dalla CTU non appaiono condivisibili laddove, una volta verificata la riferibilità alla mano della Falchi (con certezza) degli indirizzi redatti sulle buste e (con probabilità) della sottoscrizione apposta sul doc. 9, sembra escludere la paternità in capo alla Falchi della firma in calce al doc. 9, poiché non vi sarebbe “certezza tecnica”.

Come già osservato, è da escludersi che in base alle risultanze di una perizia grafologica possa formularsi un giudizio di certezza in ordine alla non autenticità di una sottoscrizione, in considerazione dell’irrepetibilità della forma della scrittura umana (cfr. Cassazione civile sez. I, 28/04/2005, n.8881), sicché l’accertamento compiuto dal perito grafologo tendenzialmente viene ad assumere sempre una consistenza probabilistica.

Sulla scorta di una valutazione dei principali parametri rilevanti secondo la disciplina calligrafica, il perito ha ravvisato “molte congruenze stilistiche” (relazione di CTU, p. 16 e 21) tra la firma apposta sul doc. 9 e la scrittura relativa agli indirizzi delle buste, attribuibili con elevata probabilità alla legale rappresentante di B.B.. Ha inoltre scartato l’ipotesi che la sottoscrizione in calce al doc. 9 sia il frutto di un’imitazione, evidenziando che “si tratta piuttosto di una firma a mano libera, vergata senza seguire un modello da copiare” (v. risposta alle osservazioni critiche del CTP).

Orbene, la riscontrata sussistenza di una buona compatibilità tra la firma apposta sulla lettera in questione e la grafia della Falchi, unita alla sicura riferibilità alla scrittura della Falchi dell’indirizzo impresso sulla busta con cui la medesima lettera è stata spedita, a parere di questo giudice sono elementi sufficienti per affermare che, con elevata probabilità, la firma sul documento in esame sia stata apposta dal legale rappresentante di B.B.. In altri termini, la circostanza che la mano della Falchi, con “certezza tecnica”, abbia vergato l’indirizzo sulla busta contenente la lettera in questione, la quale risulta sottoscritta da soggetto la cui firma presenta plurimi elementi di convergenza con lo stile della stessa Falchi, vale ad escludere che possa attribuirsi carattere di mera possibilità all’ipotesi della coincidenza soggettiva dell’autrice delle due scritture, apparendo improbabile, al contrario, che, nonostante le affinità rilevate, le grafie possano appartenere a due soggetti diversi. Può pertanto affermarsi che, con concreta e rilevante probabilità, la firma rilasciata sulla lettera del 9.1.2012 sia riferibile a Falchi Carla.

Tanto chiarito, la lettera in questione, rivolta allo studio M., contiene una esplicita promessa di pagamento in favore della parte opponente (v. doc. 9: “dispiaciuti per questo ulteriore ritardo. Ci scusiamo e sarà ns premura provvedere ad effettuare il pagamento di quanto dovuto, non appena avremo la disponibilità …”). Il contenuto della promessa è integrato dal riferimento alla raccomandata del 29.12.2011, versata agli atti sub doc. 12, con cui lo studio M. aveva chiesto a B.B. il pagamento del complessivo importo di Euro 12.700,80 per le prestazioni professionali espletate.

Come è noto, al pari della ricognizione di debito, la promessa di pagamento solleva il destinatario dall’onere di provare l’esistenza del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria (art. 1988 c.c.). Si verifica, quindi, una inversione dell’onere della prova, in forza della quale non sarà il creditore a dover provare l’esistenza del credito ex art. 2697 c.c. bensì sarà il debitore a dover provare l’inesistenza del credito; se non vi riesce, si presume che il rapporto obbligatorio esista (ex multis, Tribunale Roma sez. XVII, 05/08/2019, n.16093).

Nel caso di specie, tale onere non è stato assolto dalla debitrice.

Consta ampia prova dell’espletamento da parte dello studio M. delle prestazioni professionali per cui è causa, consistite nella progettazione e nella direzione dei lavori delle opere strutturali, nonché del coordinamento della sicurezza, relativi alla realizzazione di un fabbricato plurifamiliare per civile abitazione, ubicato a Bientina in via delle Fosse – via Petrarca. Tanto è attestato dalla relazione di fine lavori, depositata il 28.10.11 presso l’ufficio del Genio Civile della Regione Toscana, prodotta sub doc. 18. Soprattutto, l’esecuzione da parte dello studio M. delle prestazioni in questione è stata confermata, in sede di istruttoria orale, dall’arch. M.A., occupatasi del collaudo strutturale del fabbricato (cfr. verbale di udienza del 2.2.2016: “mi sono occupata del collaudo strutturale di uno dei fabbricati in causa, in quanto mi era stata segnalata l’urgenza di provvedere. Era il settembre del 2011. Ho avuto l’incarico dalla B.B.B. s.r.l., che aveva sede in Bientina … mi sono recata al cantiere con M.G. per effettuare i sopralluoghi necessari prima del collaudo. La documentazione che il collaudatore deve avere per procedere al collaudo deve essere consegnata dal progettista e direttore dei lavori, e questo fu effettuato appunto dal M.. La sottoscritta fu incaricata dalla B.B.B. s.r.l. tramite la domanda del genio civile, firmata dalla B.B.B. s.r.l.”), nonché dal geom. B.F., progettista e direttore dei lavori architettonici (v. verbale del 2.2.2016: “Si, è vero. Lo studio M. ha fatto il progetto statico, la direzione delle strutture e il progetto di sicurezza”).

Quanto alla contestata sussistenza del rapporto professionale tra lo studio M. e B.B., vale evidenziare, anzitutto, che la documentazione depositata presso la Regione Toscana ai fini della realizzazione del fabbricato in questione reca la sottoscrizione di Falchi Carla, come legale rappresentante di B.B., in qualità di committente dell’opera, e l’indicazione dell’ing. M.G. come progettista e direttore dei lavori strutturali (v. docc. nn. 15 e 19 fasc. parte opposta).

In ogni caso, l’asserita circostanza che, come anche riferito dai testi escussi, l’incarico professionale per le prestazioni oggetto di causa non sarebbe stato conferito allo studio M. da B.B. non vale ad escludere il rapporto obbligatorio fondamentale sottostante alla promessa di pagamento. Occorre muovere da quanto dichiarato dal geom. P.N., considerato “teste chiave nella ricostruzione della vicenda” dalla stessa parte opponente in sede di comparsa conclusionale. Il Pellegrini, collaboratore dello studio B. e occupatosi della gestione dei rapporti con i vari professionisti coinvolti nella costruzione dell’immobile in questione, ha riferito quanto segue: “la società B.B. ha rilevato un terreno cantierabile per concessione già approvata, per strutturale già depositato al Genio Civile, e con tutte le pratiche relative alla costruzione già predisposte ed è stata fatta una permuta con i proprietari V.D.R. con la quale B.B. si impegnava a lavori finiti a consegnare alla proprietà tre alloggi dei dieci di progetto. Quindi lo studio M. e tutte le altre figure professionali erano stati già incaricati prima della permuta e avevano già predisposto le relative pratiche e nel caso lo studio M. aveva già predisposto la pratica strutturale. ADR il pool dei professionisti è stato messo insieme dai Vincenti; ADR non so chi abbia coinvolto la B.B.. … Vedendo la notula confermo che lo Studio M. ha effettuato le pratiche descritte in essa: preciso che nella permuta era previsto che tutti i costi anche dei professionisti erano a carico della B.B., ed era anche previsto il rimborso a favore del Vincenti delle spese nel frattempo sostenute”. Non sussistono motivi per dubitare dell’attendibilità del teste, la cui deposizione è risultata chiara, precisa, circostanziata e immune da fratture logiche. Secondo quanto riferito dal Pellegrini, l’incarico per la progettazione e la direzione della parte strutturale, prima del subentro di B.B. come committente dell’opera, sarebbe stato conferito allo studio M. dai precedenti proprietari dell’immobile V.D.R.; nondimeno, non può essere sottaciuto che, stando a quanto dichiarato dallo stesso Pellegrini, in sede di permuta B.B. avesse assunto l’obbligo di remunerare anche tutti i professionisti previamente incaricati dai precedenti proprietari per le pratiche relative all’immobile permutato, incluso lo studio M.. Tale affermazione non è stata oggetto di rilievi da parte dell’opponente. Da ciò discende che, in ogni caso, alla luce dell’impegno assunto da B.B. e a prescindere da un formale conferimento dell’incarico, non può considerarsi inesistente il rapporto fondamentale sottostante la promessa di pagamento, in forza della quale B.B. risulta tenuta alla corresponsione in favore dello studio M. della somma di Euro 12.700,80.

L’opposizione, in conclusione, non è meritevole di accoglimento.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate a carico dell’opponente sul valore del decisum e in base ai parametri medi di cui al D. M. 10 marzo 2014 n. 55, nella misura di Euro 4.835,00, oltre accessori di legge. Deve disporsi la distrazione del compenso in favore del procuratore dichiaratosi antistatario, come da specifica istanza articolata al momento della precisazione delle conclusioni.

 

P.Q.M.

Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede:

– rigetta l’opposizione e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo opposto;

– condanna B.B. s.r.l. al pagamento in favore di M.G. e M.R., in qualità di contitolari di “M.” studio di ingegneria associato, delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro 4.83500 per compensi, oltre rimborso forfettario, CPA e IVA (se dovuta) come per legge, disponendone la distrazione in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Pisa, il 6 agosto 2020.

Depositata in Cancelleria il 7 agosto 2020.

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