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Ai fini della conclusione del contratto può essere sufficiente un accordo parziale – Tribunale Pisa, Sent., 5 maggio 2020 – Giudice dott. Pruneti

Ai fini della conclusione del contratto può anche essere sufficiente un accordo parziale, ossia che intervenga a disciplinare alcuni soltanto dei punti in discussione, rinviando ad altra e conclusiva sede (id est, il definitivo) altri aspetti, in una formazione progressiva che da un lato, rende intangibili i punti fondamentali dell’accordo, e dall’altro rinvia a successivi patti ciò che rimane scoperto.

 

Obbligazioni e contratti – Contratto preliminare – Rif. Leg.  artt. 1321, 1372, 1385 cod. civ.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di PISA

SEZ. CIVILE

 

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Luca Pruneti ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nella causa iscritta al n. 3701/2007 degli Affari Contenziosi Civili, avente ad oggetto: “vendita di cose mobili”

 

Vertente tra

 

M.P., (C.F. (…)), e S.L. (C.F. (…)) con il patrocinio dell’avv. Antonio Mariotti, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. Bachini Alessandro in Pisa, via Cardinale Maffi n. 6

– ATTORI

 

e

 

A.C.P. S.N.C. DI F.C., M.C. E L.B. (P.I. (…)), F.C. (C.F. (…)), e M.C. (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. Pierpaolo Ciccarelli, elettivamente domiciliati presso il medesimo in Pisa, via Toscanelli n. 4

– CONVENUTI

 

Svolgimento del processo

Con atto di citazione ritualmente notificato, M.P. e S.L. hanno convenuto in giudizio A.C.P. s.n.c. di F.C., M.C. e L.B., e personalmente i soci della stessa, per sentirli condannare al pagamento di Euro 360.000,00 quale somma residua del doppio della caparra confirmatoria dai primi versata, nella qualità di promissari acquirenti, in esecuzione del preliminare di compravendita di porzione di ramo di azienda del 15.12.2006.

A fondamento della domanda, parte attrice ha allegato che, in spregio al vincolo contrattuale, le controparti avevano rifiutato la stipula del definitivo, nonostante la formale messa in mora e offerta di adempimento, e che quindi è stato esercitato diritto di recesso con richiesta del doppio della caparra versata, ex art. 1385 c.c.

Si sono costituiti i convenuti, contestando le avverse pretese e segnatamente sostenendo che la scrittura privata del 15.12.2006 non costituisce un preliminare, ma un semplice atto di negoziazione inserito in una trattativa non andata a buon fine, e che in ogni caso lo scritto non sarebbe opponibile alla società per difetto di valida procura in capo a F.C.; infine, che lo scritto prevede un versamento a titolo di acconto prezzo e non invece di caparra.

Ha chiesto, pertanto, il rigetto della domanda.

Riassunto il processo dopo l’interruzione per la dichiarata morte della convenuta L.B., a seguito del deposito delle memorie ex art. 183 VI comma c.p.c., la causa è stata trattenuta in decisione con termini ex art. 190 c.p.c. in data 8.2.2017.

Con ordinanza del 16.5.2017, il Giudice ha rimesso la causa sul ruolo, reputando necessario assumere, in parte qua, la prova per testi richiesta da parte convenuta.

Espletata la prova orale ammessa, all’udienza del 28.11.2019, dinanzi a questo Giudice, cui il fascicolo era stato medio tempore assegnato, la causa è stata trattenuta in decisione con assegnazione di termini di legge ex art. 190 c.p.c. per memorie conclusionali e di replica sulle seguenti

  1. A) in via preliminare, accertata la mancata notifica della citazione nei confronti della A.C., dichiarare l’estromissione del procedimento della società in questione;
  2. B) in via principale, accertato che la scrittura del 15 dicembre 2006 cui trattasi è una manifestazione di intenti / puntuazione non vincolante, respingere la domanda proposta dagli attori;
  3. C) sempre in via principale si chiede il rigetto della domanda avversaria in quanto è certo – risulta per tabulas e non è contestato – che i convenuti hanno già restituito la somma a suo tempo versata dagli attori – come dagli stessi riconosciuto ed espressamente dichiarato – a titolo di acconto. Non sussiste, dunque, alcun ulteriore obbligo se non quello, già adempiuto (come espressamente riconosciuto dagli attori), di restituire la somma ricevuta a titolo di acconto;
  4. D) in via subordinata, accertato che la scrittura del 15 dicembre 2006 è un preliminare di un preliminare, dichiarare la nullità della scrittura in esame per difetto della causa e/o comunque dichiarare che la stessa non ha efficacia vincolante e, conseguentemente respingere la domanda proposta degli attori;

 

  1. E) in via ulteriormente subordinata , accertato che la scrittura del 15 dicembre 2006 non è stata validamente accettata da tutti i soci amministratori della A.C. e, comunque, è stata espressamente dichiarata non validamente accettata dai medesimi con lettera del 20 dicembre 2006, dichiarare la nullità della scrittura in esame, l’inefficacia della medesima e/o comunque dichiarare che la stessa non ha efficacia vincolante e, conseguentemente respingere la domanda proposta degli attori; In via istruttoria ci si oppone alle richieste di controparte e laddove il Giudice ritenesse di dover modificare il provvedimento reso all’udienza del 18 gennaio 2012, si chiede l’ammissione delle prove come indicate nella seconda e terza memoria in atti. Con vittoria di spese diritti ed onorari.

 

Motivi della decisione

Preliminarmente si rileva che la mancata (valida) comparizione del procuratore degli attori all’udienza del 8.2.2017, in cui la causa è stata trattenuta in decisione per poi essere rimessa sul ruolo, non ha determinato alcuna rinuncia alle domande formulate: com’è noto, infatti, in ipotesi siffatta vale la presunzione che la parte abbia voluto tenere ferme le conclusioni precedentemente formulate (cfr., tra le altre, Cass. n. 5016/2014; Cass. n. 22360/2013).

Ciò chiarito, la domanda attorea è fondata.

In considerazione delle difese delle parti, il tema di indagine giudiziale si incentra sull’interpretazione della scrittura privata del 15.12.2006 e della sua appendice negoziale del 18.12.2006. Non è infatti in discussione che gli attori si siano resi parte adempiente, offrendo la controprestazione (docc. 7, 8) e che abbiano esercitato nelle forme legittime il diritto di recesso alla stregua dell’art. 1385 c.c., a mezzo del libello introduttivo.

Viene invece contestata dai convenuti, in radice, la vincolatività dell’atto fatto valere in giudizio e, in subordine, la pattuizione in esso della caparra penitenziale.

Quanto al primo profilo, trattasi di effettuare una valutazione in fatto, avente ad oggetto il raggiungimento, ad opera delle parti in causa, del consenso su una regolamentazione di interessi idonea a fondare diritti ed obblighi reciproci.

Ad onta delle eccezioni del convenuto, la scrittura privata azionata presenta i requisiti strutturali necessari e sufficienti perché possa definirsi vincolante inter partes ai sensi e per gli effetti degli artt. 1321, 1372 c.c.

In adesione alla concezione volontaristica mitigata dal principio dell’affidamento, reputa il Tribunale che occorra cogliere il significato obiettivo, socialmente valutabile del negozio, e verificare la presenza in esso di due presupposti ineludibili:

– che le parti abbiano manifestato la comune volontà di vincolarsi;

– che dall’intesa emergano in modo sufficientemente delineato la causa e il tipo delle prestazioni contrattuali, nonché le coordinate temporali e spaziali dell’affare.

Orbene, quanto al primo presupposto, la scrittura presenta senz’altro l’attitudine a disciplinare, in modo definitivo, l’assetto degli interessi delle parti.

Non può innanzitutto negarsi rilievo al nomen iuris utilizzato, che, seppur non decisivo, costituisce un primo e non trascurabile indicatore delle intenzioni delle parti. La denominazione “impegno irrevocabile all’acquisto” denota l’inequivoca volontà di vincolare i promissari acquirenti, ma dall’altro, determina l’effetto di costituire un contratto preliminare bilaterale con l’atto di accettazione. L’esegesi dell’atto, inoltre, disvela la piena coerenza logica tra intestazione e contenuto, emergendo in modo chiaro e intelligibile, sia dalla tecnica espressiva impiegata, sia dal significato obiettivo e socialmente apprezzabile delle dichiarazioni delle parti – sintetiche ma sufficientemente precise – che l’accordo sulle condizioni dell’affare era stato raggiunto.

Sono conseguentemente inconferenti i richiami di parte convenuta alle minute o puntuazioni non vincolanti, suscettibili di rilievo meramente precontrattuale.

Rispetto al secondo presupposto, premesso che il tipo negoziale non prevede obblighi di forma ad sustantiam, si evincono in modo sufficientemente determinato l’oggetto della cessione, il prezzo, le modalità e la tempistica del suo versamento, nonché la data della conclusione del “compromesso”.

Del resto, si rammenta che ai fini della conclusione del contratto può anche essere sufficiente un accordo parziale, ossia che intervenga a disciplinare alcuni soltanto dei punti in discussione, rinviando ad altra e conclusiva sede (id est, il definitivo) altri aspetti, in una formazione progressiva che da un lato, rende intangibili i punti fondamentali dell’accordo, e dall’altro rinvia a successivi patti ciò che rimane scoperto.

Nel caso, la previsione dell’eventuale ridiscussione del prezzo costituisce esempio di una clausola di rinegoziazione, legato all’eventualità – esterna al dominio delle parti – che terzi non acconsentissero alla cessione di alcuni contratti facenti capo al ramo d’azienda compromesso in vendita. Del resto, è noto che al contratto preliminare viene ascritta la funzione tipica di strumento di controllo delle sopravvenienze.

Non colgono nel segno, in tema, le obiezioni dei convenuti. Il supposto deficit dell’oggetto del contratto (ai fini della sua nullità strutturale) trova smentita nell’esposta interpretazione dello scritto, e non è confortato da elementi extratestuali o da patti aggiunti di segno contrario.

Anzi, avvalorano ancora la tesi della vincolatività della scrittura privata azionata due fattori: il primo, endogeno, costituito dalla pattuizione di un’elevata caparra confirmatoria, clausola che presuppone l’avvenuto perfezionamento dell’accordo contrattuale; il secondo, esogeno, derivante dalla scrittura del 18.12.2006 (doc. 2), redatta a mano su carta intestata della società convenuta, nella quale le parti danno atto, tra l’altro, dell’adempimento di parte promissaria acquirente alla scrittura primigenia, cui espressamente rinviano, e della (diversa) somma versata a titolo di caparra confirmatoria.

Ancora, non è persuasiva l’eccezione di nullità, o, comunque, di difetto di vincolatività della scrittura privata di cui è causa, siccome qualificabile in termini di preliminare di preliminare, tenuto conto del rinvio, in essa, ad un “compromesso” da stipularsi entro il 31.12.2006.

 

Rammentato che in giurisprudenza è stata superata la tesi dell’inammissibilità del preliminare di contratto preliminare, allorquando un simile accordo rivesta, per le parti, un interesse meritevole di tutela (Cass. SS.UU. n. 4628/2015), nel caso in esame il tenore dell’unica scrittura disponibile è tale, per compiutezza degli obblighi reciprocamente previsti, da configurare un contratto preliminare perfetto in ogni sua componente essenziale, cosicché sarebbe stato il secondo, prospettato, “compromesso” un’inutile duplicazione o una mera formalizzazione/precisazione di un accordo già raggiunto.

 

In definitiva, l’accettazione della proposta irrevocabile del 15.12.2006 da parte dei convenuti ha originato un contratto sinallagmatico ad effetti obbligatori, la violazione del quale origina responsabilità ex art. 1218 c.c.

Non è fondata neppure la seconda difesa, in diritto, di carattere interpretativo, per la quale le somme versate in esecuzione del preliminare dagli attori avrebbero natura natura non di caparra confirmatoria, bensì di mero acconto prezzo.

Il testo contrattuale, a mente del quale la somma versata fino alla data della stipula del definitivo deve essere considerata come caparra confirmatoria, è inequivoco: la circostanza che nella premessa della scrittura si dà atto che sono già stati versati Euro 200.000,00 a titolo di prestito infruttifero, somma che “si trasforma in acconto prezzo”, non è incompatibile con l’impegno assunto nella parte dispositiva, in cui viene espressamente pattuito che la somma versata fino alla stipula del compromesso viene considerata come caparra confirmatoria.

Corroborano l’intenzione delle parti di pattuire l’istituto ex art. 1385 c.c. plurimi elementi: innanzitutto, il lessico utilizzato nella scrittura, che distingue con precisione tecnica la natura delle dazioni di denaro passate e future, facendo presumere la consapevolezza, da parte dei paciscenti, del significato delle espressioni utilizzate e del non casuale espresso riferimento alla caparra confirmatoria (arg. ex art. 1363 c.c.); in secondo luogo, il valore elevato dell’affare; infine, depone in tal senso l’appendice scritta intervenuta a pochi giorni dalla stipula – sulla quale i convenuti non hanno preso posizione – nella quale viene attestato il versamento di ulteriori Euro 160.000,00. In essa, S.P., che aveva sottoscritto su delega della socia (e moglie) C.M. il preliminare del 15.12.2006, conferma per conto della società e dei soci odierni convenuti il versamento di Euro 160.000,00 a titolo di ulteriore caparra confirmatoria.

Non è, infine, fondata l’eccezione di inopponibilità della scrittura privata di cui è causa alla società per essere stata la stessa sottoscritta dal solo socio amministratore C.F., senza valide procure, laddove lo statuto societario imponeva la firma congiunta di tutti e tre gli amministratori.

Nel difetto di prova dell’iscrizione registro delle imprese delle limitazioni al potere di rappresentanza della società per gli atti di straordinaria amministrazione, i convenuti non sono pervenuti neppure alla dimostrazione che parte promissaria acquirente avesse acquisito conoscenza aliunde di limitazioni siffatte.

Le dichiarazioni dei testi escussi sul punto (verbale udienza del 3.7.2017), infatti, lungi dall’essere confermativi rispetto alla circostanza capitolata dai convenuti, si rivelano irrilevanti e, anzi, indirettamente confermano il clima di intesa tra tutti i soci e amministratori della s.n.c. nel senso della sottoscrizione dell’impegno e, in particolare, la delega conferita da C.M. al marito per la sottoscrizione dell’atto del 15.12.2016.

In conclusione, parte attrice ha fornito idonea prova scritta del titolo sul presupposto del quale fa valere la propria pretesa ed ha allegato l’inadempimento della controparte assolvendo, in tal modo, all’onere della prova su di esso gravante in materia di responsabilità contrattuale.

È altresì indubbia, per l’evidenza oggettiva della sua portata nell’economia del contratto, la non scarsa importanza dell’inadempimento, necessaria per legittimare il rimedio risolutorio del vincolo negoziale ex art. 1385 c.c.

Del resto, la difesa dei convenuti si è limitata a sostenere l’insussistenza di un inadempimento imputabile per il difetto del sinallagma alla sua base, circostanza smentita dai rilievi suesposti. Al riguardo, vien da sé che la dichiarazione di revoca dell’accettazione datata 20.12.2006 è improduttiva di effetti giuridici, per il principio di vincolatività del contratto ex art. 1372 c.c.

Dal legittimo esercizio del recesso “reattivo” per l’inadempimento della controparte al contratto preliminare di cessione di ramo di azienda, consegue il diritto ad esigere il doppio della caparra versata ai sensi dell’art. 1385, II comma, c.p.c.

Attestata e incontestata la restituzione della caparra, i convenuti, in solido tra loro, devono essere condannati al pagamento di 360.000,00, oltre interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo effettivo.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 – avuto riguardo allo scaglione di valore Euro 260.000,01 – 520.000,00 – applicando i parametri medi per ciascuna fase e i minimi per la fase istruttoria, in Euro 18.413,00 oltre spese generali 15%, C.P.A. e I.V.A., oltre ad Euro 808,00 per anticipazioni.

 

P.Q.M.

Il Tribunale di Pisa, definitivamente pronunciando, così dispone:

– accoglie la domanda e, per l’effetto, condanna A.C.P. s.n.c. di F.C. M.C. e L.B., in persona del legale rappresentante pro tempore, F.C., M.C., in solido tra loro, al pagamento in favore di parte attrice di Euro 360.000,00 oltre interessi legali dal dì della domanda al saldo;

– condanna A.C.P. s.n.c. di F.C. M.C. e L.B., in persona del legale rappresentante pro tempore, F.C., M.C., in solido tra loro, alla rifusione in favore di parte attrice delle spese di lite, pari ad Euro 18.413,00 oltre spese generali 15%, C.P.A. e I.V.A., oltre ad Euro 808,00 per anticipazioni, da versarsi in favore dell’avv. Antonio Mariotti dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Pisa, il 30 aprile 2020.

Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2020.